Nell’ex-covo di Montenevoso a Milano, durante lavori di ristrutturazione, viene trovato un nascondiglio sotto la finestra non scoperto durante l’irruzione dei carabinieri il 1 Ottobre 1978.

All’interno del nuovo nascondiglio, che si trova sotto una finestra, vengono rinvenuti un fucile, una quarantina di detonatori e 419 fotocopie di manoscritti attribuiti ad Aldo Moro. 190 fogli sono copie di lettere scritte dallo statista e 229 risultano riconducibili al cosiddetto memoriale.

Ma, fa notare Sergio Flamigni nella sua Tela del ragno:

«Confrontando il materiale con le dichiarazioni di Lauro Azzolini  relativamente al verbale di sequestro dell’Ottobre 1978, continuano a risultare mancanti sia la trascrizione completa degli interrogatori di Moro – la sbobinatura della registrazione degli interrogatori con domande e risposte – sia un plico di documenti, schede personali, timbri e altro materiale che le BR avevano sottratto a una caserma dei carabinieri».

La parte mancante nel 1978 del memoriale Moro era proprio quella che riguardava il segreto più importante emerso dal sequestro Moro: l’esistenza di una struttura formata da militari e da civili con compiti di guerriglia e di controguerriglia dentro la NATO. Quella Gladio della quale Andreotti avrebbe ammesso l’esistenza soltanto moltissimi anni dopo.

«Chi sbobinò i nastri degli interrogatori di Moro?» viene chiesto ad Anna Laura Braghetti, che di Moro fu la carceriera.

«Noi della casa, io almeno, no. Avevo troppo da fare. Di mattina uscivo per andare a lavorare e tornavo la sera, verso le otto. Ricordo la schizofrenia di quei giorni… Sono stati tra i più terribili della mia vita. Nell’impresa edile dove lavoravo come segretaria, ovviamente tutti parlavano del rapimento… Si commentava. E io recitavo la mia parte. Poi tornavo a casa e Moro era lì. E io lo guardavo dallo spioncino…»

A nascondere la parte di memoriale di Moro mancante dietro il tramezzo è Lauro Azzolini.

Secondo Franceschini Nadia Mantovani, incaricata di sintetizzare e leggere tutte le trascrizioni di Moro, non ha mai visto le carte nascoste.

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Autore

Stefano Zorba, pseudonimo di Stefano Filippini, nato a Brescia nel 1983 vive a Rezzato in provincia di Brescia. Rapper dal 2001, ha pubblicato quattro album autoprodotti e attualmente sta producendo un progetto con altri rapper di varie nazionalità chiamato “Sons of Babel”. E’ anche un attivista NoTav di Brescia, impegnato da anni nelle lotte ambientali con il Gruppo Antinocività Rezzato e poi con la Rete Antinocività Bresciana.
Ha pubblicato il suo primo romanzo con Edizioni AlterNative "Mi innamoravo di tutto - Storia di un dissidente".

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